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La spirulina è uno dei super-alimenti del momento. Il prodotto – venduto sovente sotto forma di compresse o in polvere – è molto popolare soprattutto come integratore tra i vegetariani, i vegani e non solo. La fama è arrivata quando la Nasa ha annunciato di volerla dare agli astronauti come prodotto alimentare. A essa viene attribuita ogni sorta di qualità terapeutica, essendo consigliato contro le infiammazioni, oltre che per i suoi benifici sulle ossa, sul colesterolo, per non parlare dell’umore, dell’energia e c’è anche qualcuno che parla di azione antitumorale. Ma cosa c’è di vero? E soprattutto, l’assunzione di spirulina comporta dei rischi?
L’unico modo per vederci chiaro è ricorrere ai dati scientifici, che l’Agenzia per la sicurezza alimentare francese (Anses) ha riassunto in un rapporto pubblicato alla fine novembre, focalizzando l’attenzione anche sul rischio di allergie e di contaminazioni.
Il primo errore che si fa quando si parla di spirulina è quello di considerarla un’alga. Non lo è, si tratta di un cianobatterio del genere Arthrospira, e questo comporta alcune specificità. Di sicuro la spirulina è una fonte preziosa di proteine: in percentuale, ne contiene tra il 60% e il 70% in peso, contro il 25% del pesce, il 35% della soia e il 14% dei cereali. Per questo motivo viene studiata in molti laboratori come alternativa proteica da proporre a soggetti che presentano carenze nutrizionali. L’aspetto interessante è che la spirulina contiene quasi tutti gli amminoacidi essenziali (chiamati così perché il nostro l’organismo non sa fabbricarli da sé), necessari alla costruzione di moltissime molecole organiche e delle stesse proteine.
A parte il materiale proteico, i cianobatteri contengono molte vitamine, soprattutto del gruppo A (bastano da 3 a 6 grammi di spirulina per soddisfare il fabbisogno giornaliero dell’adulto, pari a circa 900 microgrammi) e del gruppo E. Non tutto è però così scontato. La spirulina non ha quasi per niente vitamina B12, la più necessaria ai vegani, perché presente soprattutto nella carne, nel pesce e nelle uova che non rientrano nella loro dieta. La poca vitamina presente è in una forma quasi impossibile da assimilare per il corpo umano. Non a caso nel 2016 l’accademia americana di nutrizione non ha classificato la spirulina come una fonte di vitamina B12 utile per vegetariani e vegani, concetto ribadito anche dall’Anses.
A tutto ciò si aggiungono i sali minerali – calcio, potassio, fosforo, magnesio, zinco, rame e ferro – di cui è molto ricca: bastano 10 grammi per coprire tra il 64% e il 200% del fabbisogno giornaliero di un bambino di età compresa tra 6 mesi e 3 anni (fabbisogno che verrebbe coperto con 38 grammi di cereali integrali).
Per quanto riguarda le false attribuzioni, la lista è lunga. Non ci sono prove che la spirulina aiuti a perdere peso, favorisca la digestione o diminuisca ansia e stress. Piccoli studi, al momento non definitivi perché condotti senza gruppi di controllo e su pochissime persone, sembrano far emergere un lieve effetto benefico sul colesterolo e alcune caratteristiche antiossidanti, ma è presto per esprimersi.
Infine, i rischi. Dopo aver ricevuto 49 segnalazioni (dieci delle quali degne di approfondimento), l’Anses ha ritenuto opportuno sottolinearle, ricordando che la spirulina può contenere cianotossine, batteri e tracce di metalli pesanti (piombo, arsenico e mercurio) che se assorbiti durante la crescita se coltivata in condizioni non ottimali (sono stati segnalati casi negli Stati Uniti, a Cuba, in Thailandia, in Messico, in India, in Israele ma anche in Italia, sempre secondo Anses), e che può appunto indurre allergie. Coloro che soffrono già di una predisposizione, così come i soggetti con problemi di fenilchetonuria, dovrebbero limitarne o evitarne l’assunzione. Ci sono poi stati alcuni casi di intossicazione da integratori contenenti numerosi componenti, tra i quali la spirulina, anche se non è stato possibile attribuirle alcuna responsabilità specifica. Per avere maggiori elementi ed esprimere un giudizio più ponderato l’agenzia propone di avviare una rete di sorveglianza internazionale, per chiarire i vari dubbi.
L’Anses precisa che se la spirulina viene consumata a dosi normali non presenta problemi e conclude consigliando di acquistarla sempre da fonti controllate e di non pensare che sia un integratore miracoloso.
Link all’articolo originale: http://www.ilfattoalimentare.it/spirulina-rischi-anses.html
Forti dubbi sull’efficacia dell’integrazione con Omega3 nel post-infarto; si ha maggiore efficacia protettiva mangiando due volte a settimana pesce grasso (sgombro, salmone, ..). Evidenza di maggior rischio di cancro alla prostata nei soggetti con alti livelli ematici di Omega3.
http://www.pikaia.eu/easyne2/LYT.aspx?Code=Pikaia&IDLYT=425&ST=SQL&SQL=ID_Documento%3D7116
Un primo passo per la protezione delle generazioni future
Lo scorso mese (Ottobre 2013) ha avuto luogo a Minamata, in Giappone, il convegno internazionale sul mercurio il cui scopo era quello di trovare e firmare un accordo comune sulle emissioni di mercurio. L’accordo denominato “Minamata Convention on Mercury”, rappresenta una presa di coscienza globale della problematica dell’inquinamento da mercurio che nessun paese da solo può risolvere. Per la realizzazione di tale accordo, ci sono voluti ben 4 anni di lavori ed alla fine esso è stato firmato da più di 130 nazioni lo scorso Gennaio 2013. L’accordo prevede azioni e misure obbligatorie e facoltative per il controllo delle emissioni di mercurio da varie fonti, dall’eliminazione graduale del mercurio da certi prodotti e processi produttivi, alla restrizione dello scambio ed al divieto dell’estrazione.
Secondo il rapporto 2013 dello United Nations Environment Programme (UNEP), si stima che nel 2010 le attività industriali hanno immesso 1960 tonnellate di mercurio nell’atmosfera e minimo 1000 tonnellate nelle acque. Inoltre specifica che, dopo un periodo di stabilità delle emissioni tra il 1990 ed il 2005, le emissioni globali nell’aria potrebbero aumentare ancora in alcuni settori industriali. Anche se si bloccassero d’un colpo tutte le emissioni nel 2015, registreremo un decremento immediato del 30% che poi rallenterà notevolmente col passare del tempo. Ci vorranno circa 85 anni prima che il deposito di mercurio nell’atmosfera si dimezzi e quello presente negli oceani diminuisca di un terzo.
Ma, che cos’è il mercurio? Il mercurio è un elemento presente in natura, utilizzato in molti prodotti e processi industriali, dai termometri a particolari lampadine e marmitte catalitiche. Esso viene prodotto dalla combustione di combustibili fossili e dalla produzione di cemento ed alcuni metalli.
Le emissioni di mercurio possono anche viaggiare molto lontano dalla zona di emissione trasportate dai venti e dai mari. Tipicamente, gli essere umani sono esposti al metilmercurio ovvero al mercurio proveniente da prodotti ittici. Approfondite ricerche hanno dimostrato la tossicità del metilmercurio, come nel disastro di Minamata ed il caso simbolo di quell’evento, la famiglia Sakamoto.
Nel luglio del 1956 in un piccolo villaggio di pescatori vicino la città di Minamata, lungo la costa giapponese del mar Shinoranui, nacque la bambina Shinobu Sakamoto. I suoi genitori si accorsero subito che qualcosa non andava. A tre mesi ancora non riusciva a tenere la testa alta come gli altri bambini sani della sua età. All’età di 3 anni, ancora barcollava molto e non era in grado di camminare. Quindi, i genitori la ricoverarono in un ospedale vicino dove passò 4 anni in terapia per imparare a camminare, ad usare le sue mani ed ad eseguire altre funzioni base. Poco dopo, diversi medici le diagnosticarono una paralisi cerebrale. Da qual momento si cominciò a pensare che la situazione che si era venuta a creare era legata a qualcosa di più grande. Alcuni anni prima della nascita della bambina, ci fu una notevole moria di pesci ed altri animali marini nella baia di Minamata. Gli uccelli marini persero la capacità di volare ed i gatti stavano morendo dalle convulsioni che gli abitanti chiamarono “malattia della danza”. In seguito, due mesi prima della nascita della bambina, si registrò un malessere neurologico sconosciuto nelle famiglie di pescatori dell’area di Minamata. La misteriosa malattia che fu attribuita al pescato contaminato è stata diagnostica alla sorella maggiore di Sakamoto, Mayumi, ed ai suoi vicini di casa. Nel 1957, gli studiosi diedero un nome alla malattia: la malattia di Minamata. L’anno successivo, Mayumi, morì di questa malattia.
La causa di questa contaminazione è stata identificata nel metilmercurio che era stato scaricato nelle acque dalla locale industria chimica posseduta dalla Chisso Corporation. Nel 1962, molti di quei bambini a cui era stata diagnosticata la paralisi cerebrale sono stati riconosciuti affetti dalla malattia di Minamata congenita. Nonostante ciò, il governo giapponese non ha fatto nulla per fermare gli scarichi della Chisso o scoraggiare le persone dal mangiare pesce.
Il disastro di Minamata fu il primo evento di inquinamento da metilmercurio su vasta scala. Altri piccoli eventi simili furono registrati in Niigata nel 1965 e nell’Ontario canadese nel 1969.
Migliaia di sopravvissuti a tali eventi risentono ancora dei distrurbi neurologici, tremori, mal di testa, perdita di memoria e problemi visivi ed uditivi.
Il caso Minamata portò alla ribalta mondiale i devastanti effetti del mercurio, in particolare la sua potenziale neurotossicità soprattutto nei neonati e nei bambini.
Riassunto e traduzione ad opera di Cristina Meloni, Mineral Test®
Link all’articolo originale:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3801463/
INQUINAMENTO ATMOSFERICO E SALUTE
(da ISDE Italia)
L’inquinamento atmosferico costituisce un fattore di rischio ben noto per le malattie cardiovascolari
Fonte: Agenzia Regionale di Sanità Toscana, 18 Agosto 2013.
E’ ormai dimostrata la stretta correlazione tra l’incremento della concentrazione di nanopolveri e altri inquinanti e l’aumento dell’insorgenza di scompensi cardiaci che, soprattutto in persone con un cuore già affaticato, possono portare all’infarto. La nuova revisione sistematica apparsa recentemente sul lancet a firma dei ricercatori dell’Università di Edinburgo e della Public Health Foundation of India ha però confermato anche l’effetto dei principali inquinanti su ricoveri e mortalità per scompenso. L’OMS stima che l’inquinamento sia responsabile di oltre un milione di morti premature ogni anno. Anche brevi esposizioni a inquinamento atmosferico sono associate ad un aumento della mortalità cardiovascolare. Sempre in questo numero di Lancet Francesco Forastiere e Nera Agabiti del Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario della Regione Lazio spiegano come accade clinicamente che l’aumento della concentrazione degli inquinanti nell’aria possa causare il subitaneo aggravarsi dello scompenso. Dal momento che il 2013 è stato dichiarato l’anno dell’aria da parte dell’Unione Europea, i ricercatori italiani concludono che gli effetti negativi sulla salute dell’inquinamento atmosferico sono presenti anche a concentrazioni ben al di sotto di 25 μg/m3, l’attuale limite UE per le polveri sottili, e lanciano un appello riprendendo le parole della European Respiratory Society: “tutti i cittadini hanno diritto ad aria pulita, acqua pulita e cibo sicuro”.
CUORE: L’ESPOSIZIONE ALL’INQUINAMENTO AUMENTA IL RISCHIO DI FIBRILLAZIONE
Fonte: FIMMG Notizie del 17 Giugno 2013.
Per le persone che soffrono di cuore l’esposizione ad alti livelli di inquinamento atmosferico può portare all’aritmia cardiaca che scatena attacchi di cuore e ictus. Lo afferma uno studio pubblicato dal Journal of the American College of Cardiology. I ricercatori della Tuft university di Boston hanno analizzato i dati di 176 pazienti cardiaci, confrontandoli con la qualità dell’aria nella regione. In due anni di studio 49 persone hanno totalizzato 328 episodi di fibrillazione atriale. La ricerca ha evidenziato una relazione diretta tra inquinamento e salute cardiaca: “Ogni 6 microgrammi per metro cubo di particolato sottile in più – scrivono gli autori – il rischio aumenta del 26%”.
SMOG E TUMORI, LA RELAZIONE ORA È PROVATA
Fonte: Il Tirreno dell’11 Luglio 2013.
Uno studio europeo che ha coinvolto i ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha dimostrato una stretta relazione tra inquinamento atmosferico e rischio di tumori al polmone. Tra i 9 Paesi europei coinvolti l’Italia è risultato il Paese più inquinato. Lo studio è stato pubblicato su Lancet Oncology ed è stato realizzato su oltre 300mila persone. È servito a dimostrare che più alta è la concentrazione di inquinanti nell’aria e maggiore è il rischio di sviluppare un tumore al polmone. È inoltre emerso che i centri italiani monitorati hanno la più alta presenza di inquinanti. Lo studio fa parte del progetto europeo Escape. Il lavoro ha riguardato 312.944 persone di età compresa tra i 43 e i 73 anni, uomini e donne di Svezia, Norvegia, Danimarca, Olanda, Regno Unito, Austria, Spagna, Grecia e Italia. In Italia le città interessate sono state Torino, Roma, Varese. Lo studio ha permesso di concludere che per ogni incremento di 10 microgrammi di PM10 per metro cubo presenti nell’aria, aumenta il rischio di tumore al polmone di circa il 22%. Tale percentuale sale al 51% per una particolare tipologia di tumore, l’adenocarcinoma. Le normative della Comunità Europea stabiliscono che il particolato presente nell’aria deve mantenersi al di sotto dei 40 microgrammi per metro cubo per i PM10 e al di sotto dei 20 microgrammi per i PM2.5. Lo studio, tuttavia, dimostra che anche rimanendo al di sotto di questi limiti, non si esclude del tutto il rischio di tumore. Il tumore del polmone rappresenta la prima causa di morte nei Paesi industrializzati.
TUTELARE IL DIRITTO ALLA SALUTE DELLE PERSONE ESPOSTE ALL’ARSENICO: UN OBBLIGO DI LEGGE E UN DOVEROSO IMPEGNO ETICO
Si è svolta a Roma Lunedì 30 Settembre 2013, presso l’Istituto superiore di Sanità, la 5a Giornata in memoria di Lorenzo Tomatis che ha avuto per tema principalmente i tumori infantili.
Lorenzo Tomatis, già direttore dell’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro (IARC) e pPresidente del Comitato Scientifico dell’International Society of Doctors for the Enviromental (ISDE), ha sostenuto e dimostrato nella sua lunga attività di ricerca che la maggior parte delle malattie deriva dall’interazione tra fenomeni di inquinamento ambientale e genetica umana. Soprattutto l’esposizione materno-fetale a sostanze inquinanti, attraverso l’aria, acqua e cibi contaminati, può danneggiare il feto e comprometterne il successivo stato di salute in età infantile ed adulta con possibilità di trasmissione dei danni anche alle generazioni seguenti. Questa consapevolezza gli faceva affermare: “L’approccio fondamentale della prevenzione primaria segue una logica incontroversibile: la misura più efficace è quella di evitare o diminuire al minimo possibile l’esposizione agli agenti causali di malattia”. Tutti gli interventi di ricercatori e studiosi che si sono succeduti nel corso del convegno hanno riaffermato con ricchezza di dati e lavori scientifici, che la priorità nella lotta contro il cancro e le malattie cronico degenerative deve essere data alla prevenzione attraverso politiche economiche e sociali indirizzate alla netta riduzione delle fonti di inquinamento e degli inquinanti già presenti nell’ambiente. Alla luce di tutto ciò ISDE Viterbo torna nuovamente a chiedere interventi efficaci e definitivi per la completa dearsenificazione e potabilizzazione delle acque ad uso umano e studi di monitoraggio dello stato di salute delle popolazioni e in particolare dei bambini che sono state esposti e che in molti casi continuano ad essere esposti all’arsenico, sostanza tossica, cancerogena e con attività di interferente endocrino.
Info: isde.viterbo@gmail.com
LETTERA APERTA
di Nick Sandro Miranda medico chirurgo odontoiatra
pubblicato su “Doctor OS” Casa Editrice ARIESDUE
“Che la prevenzione primaria sia il fattore che più di altri tutela la salute
è un dato di fatto. È anche un dato di fatto che la prevenzione primaria rimane
una mera formulazione di principio.
…
Esiste un’unica e vera prevenzione: la prevenzione primaria. Essa non si riferisce alla malattia, ma alla salute che va tutelata e promossa. La salute, a sua volta, è una condizione che viene tutelata e promossa da un processo (1). Si tratta di un concetto che richiama la mitologia greca, dove Igea, figlia di Esculapio, veniva associata alla prevenzione delle malattie e al mantenimento dello stato di salute. La prevenzione secondaria e terziaria, per quanto importanti, sono cosa diversa, perché riferiscono alla malattia, agiscono intercettandola e promuovendo la qualità dei trattamenti sanitari. Utilizzare strumentalmente in maniera impropria termini che si rassomigliano, ma che hanno significati differenti, rappresenta uno dei tanti esempi di sofisticazione del linguaggio che confonde le menti. Un cambiamento di linguaggio, infatti, metterebbe in crisi coloro che, strumentalmente, utilizzano il termine prevenzione per incrementare il mercato della salute. Un esempio: da indagini statistiche risulta che il 69,1% delle donne pensa che lo screening annulli o riduca il rischio di ammalarsi di cancro al seno! (2) Ma oltre, ovviamente, a non impedire la malattia, lo screening di massa, in certi casi, non riesce neanche a ridurre la mortalità! (3)
La prevenzione primaria non è appetibile per chi intende lucrare sulla salute poiché utilizza una “tecnologia povera” (4). Nonostante ciò, questo tipo di prevenzione sembra essere la maniera più efficace per tutelare la salute delle persone e della collettività. Un miliardo di euro investiti in prevenzione, oltre a tutelare la salute delle persone, triplica i risparmi economici in dieci anni (5), ma non incrementa il PIL! È soprattutto grazie agli investimenti fatti per garantire e promuovere l’igiene e la salubrità delle abitazioni (fognature ed acqua potabile), la sicurezza dei luoghi di lavoro, il miglioramento dell’alimentazione che a partire dalla seconda metà dell’800 la vita media si è notevolmente allungata (6). Fatta eccezione per il ruolo degli antibiotici e di alcuni vaccini, la sanità non ha inciso in maniera altrettanto significativa sull’aspettativa di vita delle persone. È appurato che la salute è condizionata per il 40-50% dai fattori socioeconomici e dagli stili di vita, per il 20-30% dalle condizioni dell’ambiente, per il 20-30% dall’eredità genetica e solo per il 10-15% dai servizi sanitari (7). Questo significa, a conferma del concetto di controproduttività strutturale formulato da Ivan Illich, che investire in sanità oltre un certo limite non serve a migliorare la salute delle persone. Nonostante questa verità, si spinge ad investire sempre più nella sanità e nella medicina, esaltando ogni vittoria tecnologica sulla malattia, che tanto affascina gli individui e le istituzioni (8). Ma forse più che di vittoria si tratta del fallimento della prevenzione. Attualmente la spesa pro capite per la prevenzione è pari allo 0,8% della quota di spesa sanitaria (9, 10). Non si tratta di accusare la ricerca e la spesa sanitaria, ma di evidenziare la sproporzione di investimenti. È sotto gli occhi di tutti che la prevenzione primaria in campo odontoiatrico sia una mera formulazione di principio. Non esiste un piano sanitario nazionale o una strategia che l’abbiano progettata e tradotta in realtà se non a macchia di leopardo. Ci sono delle lodevoli eccezioni, ma quante delle iniziative realizzate sono state realmente efficaci? È tutta da dimostrare l’efficacia delle campagne di prevenzione organizzate dalle associazioni di categoria che per qualcuno rappresentano solo l’occasione di vanagloria e di acquisizione di pazienti. In Toscana gli investimenti regionali per iniziative potenzialmente utili sono stati, ahimè, dirottati per creare strutture odontoiatriche (11). Esistono altre iniziative istituzionali che, anziché potenziare la sanità pubblica, puntano sulle convenzioni, illudendosi di risolvere l’emergenza odontoiatrica con le offerte speciali. La visione economicistica, che sta pervadendo la sanità, induce a puntare sulla quantità piuttosto che sulla qualità. D’altronde, si sa, è molto più difficile trattare la qualità che non la quantità, proprio perché l’esercizio del giudizio è una funzione più elevata che non la capacità di contare e calcolare (12). Tuttavia, è solo riducendo la domanda sanitaria tramite la prevenzione primaria che si risolve la cronica emergenza odontoiatrica. Purtroppo, si sa, il politico è alla continua ricerca del consenso immediato e dunque preferisce le soluzioni appariscenti e fallaci sacrificando così la prevenzione primaria. A guardar bene, è probabile che la forma più efficace di prevenzione primaria venga concretizzata da sconosciuti dentisti che, silenziosamente e quotidianamente nei loro gabinetti odontoiatrici, ottemperano a quello che dovrebbe essere lo scopo primario di un medico: agire da maestro di educazione sanitaria. Ed è anche probabile che siano proprio questi dentisti a risentire di meno della “sindrome della poltrona vuota”, data la fiducia che attraverso questa strategia si guadagnano dai loro pazienti.
Come realizzare la prevenzione ed essere realmente efficaci? Le istituzioni dovrebbero fare uno sforzo per indirizzare le scelte degli individui in modo da migliorare le condizioni di vita, ma non basta dire “fai così, perché”. Occorre invece immaginazione, creatività, capacità comunicativa. Occorre adoperarsi a diventare architetti delle scelte utilizzando, ad esempio, la “spinta gentile” (13). Per informare efficacemente ed ottenere la conoscenza consapevole può essere opportuno richiamarsi a Platone: a volte, più che un ragionamento puro e rigoroso, per descrivere efficacemente la realtà serve il racconto allegorico. Eppure, ci fu un tempo nel quale la prevenzione primaria sembrò essere la priorità nell’agenda politica. La riforma sanitaria del 1978 fu però gradualmente smantellata, vanificando il sogno dei tanti medici, come Giulio Alfredo Maccacaro, che avevano individuato nella prevenzione primaria la priorità di un paese civile. Se si fosse attuata, oggi sarebbero disponibili risorse per il Servizio Sanitario Nazionale che invece devono essere destinate alla cura di malattie assolutamente prevenibili come quelle legate all’obesità, al fumo, all’inquinamento, alle condizioni lavorative, agli stili di vita scorretti e alla cattiva nutrizione. Purtroppo, in nome della produzione e del consumo e per conto dei “macropredatori” (14) che lucrano sulla pelle delle persone, al momento non si intravede una politica che sappia porre come priorità la tutela e la promozione della salute. Invece di dedicarsi a ridurre la domanda sanitaria l’impegno è indirizzato ad incrementare l’offerta sanitaria che, come scritto sopra, è dimostrato essere inefficace.
Emblematiche sono le parole di Giorgio Ferigo: “La prevenzione, infatti, è come i carmina: non dat panem, né tangenti”. Non incrementa il consumo di farmaci, anzi suo scopo è – tendenzialmente – di ridurne l’impiego. Dunque, non interessa alle case farmaceutiche (salvo a quelle che producono vaccini – ma si tratta di ben modesto mercato). Non incrementa i ricoveri ospedalieri, anzi, se funzionasse, ci sarebbero meno malati e perciò meno ricoverati. Dunque, non è per nulla considerata dagli imprenditori edili, dai venditori di macchinari diagnostici, dai manager e dai clinici con libera professione intra-extramuraria. Non distribuisce lenimenti e conforti, non esibisce risultati né clamorosi né immediati; e non procaccia consensi. Talvolta costringe a interventi strutturali, anche costosi. Dunque, è meno che mai in auge tra i politici, cui arride il belletto e l’apparenza, non il rigore e la sostanza. È un’arte povera, una disciplina scalza, una pratica a suo modo sovversiva (15)”.Forse è proprio in queste parole la spiegazione del mancato impegno politico nella prevenzione primaria.”
1. Fritjof Capra, Il punto di svolta, Editore Feltrinelli, Milano 2012, p.105.
2. http://www.partecipasalute.it/cms_2/node/1856
3. Krogsbøll LT, Jørgensen KJ, Grønhøj Larsen C, Gøtzsche PC. General health checks in adults for reducing morbidity and mortality from disease. Cochrane Database of Systematic Reviews 2012, Issue 10.
Art. No.:CD009009. DOI: 10.1002/14651858.CD009009.pub2. URL Upon publication: http://doi.wiley.com/10.1002/14651858.CD009009.pub2
4. Gianfranco Domenighetti. Il mercato della salute. Roma: CIC dizioni internazionali; 1999. p. 74-5.
5. http://www.adnkronos.com/IGN/Daily_Life/Benessere/Sanita-1-mld-investito-in-prevenzione-triplica-risparmi-in-10-anni-studio_311223194006.html
6. Fritjof Capra. Il punto di svolta. Milano: Editore Feltrinelli; 2012. p.115-6.
7. Richard Wilkinson e Michael Marmot. I determinanti sociali della salute. I fatti concreti. Edizione Provincia Autonoma di Trento, Assessorato alle Politiche alla Salute, Trento 2006. p. 3.
8. Fritjof Capra. Il punto di svolta. Milano: Editore Feltrinelli; 2012. p.180.
9. DoctorNews, Ignazio Marino. Italia spende poco in prevenzione. 16 ottobre 2007, p.2.
10. Ivan Cavicchi, Il pensiero debole della sanità. Bari: Edizioni Dedalo; 2008. p. 202.
11. http://www.odontoconsult.it/cont/pubblica/professione/contenuti/4786/investire-mattone-prevenzione.asp
12. Ernst Friedrich Schumacher. Piccolo è bello. Milano: Editore Mursia; 2011. p. 52.
13. Richard H Thaler.e Cass R. Sunstein. La spinta gentile. Milano Editore Giangiacomo Feltrinelli; 2009.
14. http://www.omceoudine.it/news/1666
15. Giorgio Ferigo. Il certificato come sevizia. Udine: Editore Forum; 2003. p.138.